Bacco giramondo – Continua il viaggio enologico nella regione del Piemonte
Il Monferrato è una regione storica del Piemonte, tra i fiumi Po, Tanaro, Belbo e Bormida, per la maggior parte si trova in provincia di Alessandria e in minor misura in quella di Asti. Si suddivide in Alto Monferrato (a sud) e Basso Monferrato (a nord). Il nostro itinerario tra vigne e cantine inizia da Casale Monferrato, dove morbide colline disegnano armoniose tavolozze in cui torri, castelli e borghi fortificati si alternano a ondulati colli caratterizzati dalla coltivazione di Barbera, Grignolino, Ruchè, Freisa e Malvasia a bacca nera: una vera cartolina.
Seguendo il corso del Po fino a Pontestura, sfioriamo la zona della D.O.C. Rubino di Cantavenna e Gabiano, che vedono la compartecipazione di tre vitigni dell’Astigiano per eccellenza, Grignolino, Freisa e Barbera. Continuando sulla 457 ci dirigiamo verso Serralunga di Crea, dove con una piccola deviazione a destra si sale al Sacro Monte di Crea, una delle più alte colline del Basso Monferrato, da cui si ammira uno splendido panorama.
Continuiamo per pochi chilometri a sud, fermandoci a Moncalvo, famosa anche per le numerose sagre e manifestazioni gastronomiche, dove un Grignolino (vanto della zona), dai delicati profumi fruttati, dal gusto piacevole, fresco e dai tannini poco pronunciati, accompagna l’agognato fritto misto piemontese. Entrati nelle grazie del ristoratore, non abbiamo potuto esimerci dal provare il Ruchè offertoci. Il Ruchè è un vino dal colore rubino scarico e dal profumo intenso, leggermente speziato e aromatico, molto piacevole.
Destinato a scomparire, questo vitigno coltivato in zona da secoli fu salvato a Castagnole Monferrato dall’allora sindaco della cittadina Lidia Bianco, che lo recuperò dall’oblio. Oggi, l’intrigante vitigno è coltivato in sei comuni che circondano Castagnole (tra Moncalvo e Asti).
Ripartiamo verso sud, sfioriamo Asti, la capitale di questa provincia, che vista sulla carta geografica sembra abbia la forma di un grappolo d’uva, dove storia e natura possono entusiasmare chi la visita, almeno come il Grignolino e il Barbera che stiamo andando a provare.
Attraversiamo il fiume Tanaro che fa da spartiacque tra l’Alto e il Basso Monferrato, puntiamo verso Rocchetta Tanaro, dove il compianto Giacomo Bologna dimostrò al mondo che anche la Barbera poteva essere un grande vino, guadagnandosi la copertina di «Wine Spectator».
Subito fuori dall’abitato troviamo un’area boschiva protetta, il Parco Regionale della Val Sarmassa, dove faggi, roveri, castagni e querce secolari ci accompagnano per la gioia dei nostri occhi in una distesa interrotta: dopo Vinchio arriviamo a Castelnuovo Calcea. Qui le vigne di Barbera diventano un’opera d’arte: i filari del produttore Chiarlo sono infatti costellati di realizzazioni di vari artisti; ci fermiamo a scattare alcune foto prima di arrivare a Nizza Monferrato.
La cittadina con orgoglio esibisce il centro storico attraversato dal porticato e i suoi palazzi d’epoca; il museo Bersano accoglie «contadinerie» e stampe antiche sul vino. Qui ci si può deliziare con gli amaretti della vicina Mombaruzzo, inventati nel Settecento da un pasticciere di casa Savoia, da innaffiare con un vivace/vinoso giovane Barbera del Monferrato.
La sera ci trova a pochi chilometri da Canelli, in un agriturismo da dove si gode una bella vista panoramica, in un’elegante atmosfera piemontese. Luogo magico già descritto da Cesare Pavese (nato in questi luoghi) in un suo romanzo.
Il Piemonte ha una ricca tradizione gastronomica: a cena, sfila la classica bagna càuda ottenuta con il cardo gobbo di Nizza e peperoni crudi, da intingere in una salsa composta da olio bollente con aglio e acciughe dissalate, contenuta nel classico fornelletto (fojòt), a cui abbiniamo un giovane violaceo Barbera di una bevibilità fuori dal comune. Il «coniglio al Barbera» che giunge poi fumante al nostro tavolo, fa coppia con un Nizza (sottozona del Barbera che prevede un disciplinare di produzione più severo), dal colore rubino scuro e intense note fruttate: vino di estrema eleganza e un finale di grande persistenza.
Ci troviamo nell’angolo più dolce della provincia di Asti. Qui è il regno del Moscato e quindi, dulcis in fundo, piccoli torroni e frolle alle nocciole con un Loazzolo (Moscato passito) dalla complessa aromaticità olfattiva, dove oltre ai classici aromi primari dell’uva Moscato, percepiamo sentori di miele, camomilla, frutta secca e sfumature che vanno dal legno di sandalo alla vaniglia: una goduria!
Al mattino ripartiamo: a Canelli è d’obbligo visitare le Cattedrali sotterranee, una rete di oltre venti chilometri di gallerie tufacee adibite ad affinare lo spumante e inoltre per capire e spazzare via i dubbi eventuali sulla differenza tra Asti Spumante e Moscato d’Asti.
Puntiamo a nord-ovest, superiamo Castagnole delle Lanze poco dopo Costigliole d’Asti, ci spostiamo sulla sponda sinistra del Tanaro e proseguiamo verso S. Damiano d’Asti. Siamo al confine con le terre del Roero. Prima di dirigerci verso Villafranca d’Asti, ci fermiamo per degustare un piatto di salumi locali molto apprezzati con un bicchiere di rosso Croatina, coltivato nelle vicinanze di Cisterna d’Asti (unico comune del Roero in provincia di Asti).
A circa dieci chilometri da Albugnano facciamo una piccola deviazione a sinistra per salire al Colle Don Bosco, da ex allievi Salesiani. Il luogo ci ricorda i momenti lieti della nostra fanciullezza e gli insegnamenti ricevuti. Ad Albugnano con uve Nebbiolo, Freisa e Barbera si produce un vino rosso/rosato che ben s’adatta ai formaggi vaccini ben stagionati, ma la ragione per cui siamo saliti fino a qui è un’altra: isolata in una piccola valle da idillio, silenziosa e immersa nel verde, visitiamo la suggestiva Abbazia di Vezzolano. Vuole la leggenda che Carlomagno di passaggio in questi luoghi, come ringraziamento per i numerosi boccali di Freisa ricevuti in dono da un’eremita locale, abbia fatto erigere la cappella su cui sarebbe sorta l’Abbazia. Ritorniamo verso Castelnuovo Don Bosco, dove Chiara ci ha preparato salumi, salsiccia, cardi in bagna càuda e castelmagno semi stagionato, il tutto bagnato da vino Freisa dal colore rubino non troppo intenso, profumato di lamponi, viole e rose, con una buona acidità e di cui apprezziamo la rusticità, molto adatta alla cucina povera.
Prima di lasciare Chiara, chiudiamo questo giro in dolcezza con un’aromatica Malvasia di Schierano, dal bel colore cerasuolo, nella quale inzuppiamo i nostri Torcetti, biscotti lunghi e sottili piegati a forma di cuore. Sulla strada verso Torino a cinque chilometri a sud di Chieri, ci fermiamo per l’ultima tappa d’obbligo; la visita al Museo Martini di Storia dell’Enologia a Pessione.
/ Davide Comoli