Bacco giramondo – Terroir unici e perlopiù semi-aridi vengono da secoli irrigati dalle acque dei ghiacciai trasportate dalle bisses
Il vigneto vallesano si estende da Loèche a Martigny e copre una superficie di circa 4850 ettari, vale a dire quasi un terzo del vigneto svizzero. Il Vallese beneficia di un clima molto particolare, marcato soprattutto da lunghe estati calde e soleggiate e da autunni tardivi. Alle lunghe giornate di sole e a una flebile presenza di nubi, dobbiamo aggiungere i benefici effetti che apporta il foehn, questo vento caldo e alle volte violento che soffia da sud, il quale spazzando le nuvole esercita un’azione positiva contro il pericolo di muffe.
La vigna prospera e matura per la maggior parte sui costoni e sulle alture ben esposte in pieno mezzogiorno sulla riva destra del Rodano, ad alte altitudini che variano tra i 450 e 800 metri s.l.m., ed eccezionalmente arrivano a più di mille metri. È il caso del famoso vigneto di Visperterminen (1378 m), orgoglioso non solo di essere il vigneto più alto d’Europa, ma anche di essere una delle superfici più importanti dell’Alto Vallese.
Tuttavia in prossimità dei ghiacciai le vigne non sono esenti da gelate primaverili. La geologia ha profondamente segnato la topografia, la geografia e il clima del Vallese nel corso delle varie ere, non un metro del territorio è sfuggito al gigantesco scontro in seguito all’emergere dei rilievi alpini avvenuto milioni di anni or sono, e ai conseguenti scoscendimenti di terreni, e di frane di ghiaie, sabbia e limo, causati da impetuose piene di torrenti; il Vallese insomma presenta un’incredibile complessità di terreni che formano dei terroir unici e perlopiù semi-aridi, dato l’effetto del già citato e frequente foehn, che ha per complici la poca pioggia e il molto sole; da secoli i vallesani hanno costruito chilometri di canali d’irrigazione (bisses) che troveremo nel nostro giro tra i vigneti.
Certo è che per mettere a dimora la vite in Vallese la si deve amare fortemente: i pendii vitati superano spesso il 60-70%, e se da una parte è positivo perché l’esposizione favorisce l’azione dei raggi solari che portano a delle ottime maturazioni, allo stesso tempo genera tutta una serie di problemi. Ad esempio, bisogna combattere l’erosione dei terreni con dei terrazzamenti, e il consolidamento dei muri costituisce una sfida permanente per gli uomini, anche perché tutto viene fatto a mano visto che il terreno difficilmente permette l’uso di macchine meccaniche.
Nel corso dei secoli i Vallesani hanno imparato dalle caratteristiche del suolo, dall’altitudine e dall’esposizione, qual è il vitigno che meglio saprà sfruttare tali peculiarità; qui l’accordo va trovato quindi tra terreno e vitigno, combinazione non sempre immediata e che necessita di grande esperienza se si considera che sono ben 53 i vitigni diversi (31 bianchi e 22 rossi) rappresentati in Vallese. Un numero che permettere ai terroir vallesani di esprimere tutte le loro potenzialità, sebbene siano solo tre quelli che fanno la parte del leone occupando il 75/80% della superficie viticola: parliamo del Pinot Nero e Gamay tra i rossi e lo Chasselas tra i bianchi. Ciononostante vengono coltivati sempre di più alcuni vitigni autoctoni molto ricercati tra gli amanti del «divin nettare» come l’Amigne, la Petite Arvine tra i bianchi, l’Humagne Rouge e il Cornalin tra i rossi, ma non mancano vitigni internazionali come il Syrah, il Merlot e la Marsanne Blanche, che si stanno imponendo (soprattutto il primo) tra gli intenditori della buona tavola.
Ogni vitigno qui ha una sua storia e una sua origine che alle volte si confonde nel corso dei secoli, sarebbe bello poter scrivere di origini della viticoltura, ma lo spazio ce lo impedisce. Per chi vuole saperne di più consigliamo il libro Cépages suisses, histoires et origines, éditions Favre, scritto dal vallesano Dr. José Vouillamoz, genetico della vigna di fama internazionale.
Seguendo la valle del Rodano, risalendo il corso del fiume da Martigny, zigzagando tra la riva destra e quella sinistra, è il tragitto che abbiamo percorso oggi per meglio conoscere la realtà vitivinicola vallesana. Dopo un buon bicchiere di Gamay, ci siamo diretti a Fully, Saillon con il suo incantevole borgo del XIII secolo, poi Leytron, qui il panorama che appare è unico e non ci lascia indifferenti, fino a raggiungere i pressi di Chamoson, dove per pranzo gustiamo degli ottimi asparagi bagnati dal locale Sylvaner, meglio conosciuto con il nome di Johannisberg.
Ci fermiamo a Saint-Pierre-de-Clages per ammirare la superba chiesa romana e attraverso un mare di vigne raggiungiamo Ardon con il vigneto che si snoda lungo l’argine ai piedi delle gole della Lizerne. Pausa a Vétroz regno dell’Amigne. Qui non perdiamo l’occasione per degustare il Cornalin dal profumo di ciliegie e un Syrah di corpo dal profumo speziato e di violetta.
Proseguiamo per Conthey, guadagniamo Sensine tra gli innumerevoli villaggi sparsi tra le vigne, e arriviamo a Ormône dove possiamo ammirare le bisses che trasportano le acque dei ghiacciai.
Preceduta da due ammassi rocciosi, attraversiamo Sion, la capitale del cantone. Ci fermiamo a St-Léonard-Uvrier, visitiamo la celebre bisse di Clavau e i vertiginosi muraglioni che sostengono i terrazzamenti. Una raclette sarà la compagna ideale per il nostro Fendant (Chasselas) e una Dôle (Pinot Noir-Gamay) è ideale con le diverse salsicce grigliate. Una breve sosta sul pittoresco poggio di Granges, un tour veloce tra i magnifici vigneti di Veyras, Venthône, Randogne, Ollon per scendere a Sierre. E infine raggiungiamo Salquenen, idilliaco villaggio sperduto nella vastità dei suoi vigneti, dove il Pinot Nero gode di una reputazione internazionale; dopodiché la lunga persistenza di un Ermitage (Marsanna Blanche) con i suoi sentori di miele di rara intensità, prodotto da una vendemmia tardiva che accompagna un plateau di formaggi, rende meno greve il nostro rientro in Ticino.
/ Davide Comoli