Bacco Giramondo – Arriva in Lombardia il percorso tra le regioni d’Italia alla ricerca dei vini locali più interessanti
Il poeta Virgilio (Mantova 70 a.C. – Brindisi 19 d.C.) scriveva: «tra fiumi, laghi, olivi, viti e bionde messi d’oro…» con tutta probabilità si riferiva alla terra in cui aveva avuto i natali, e cioè alle colline che fanno da contorno al lago di Garda. Luogo in cui oggi la viticoltura è una fonte importante di reddito. Le colline che si affacciano sulla Pianura Padana godono, infatti, di condizioni favorevoli alla coltura della vite grazie al clima continentale, con estati calde, inverni rigidi e stagioni intermedie spesso piovose.
E proprio in corrispondenza degli anfiteatri morenici del lago di Garda e d’Iseo, laddove i rilievi prealpini lambiscono la fertile pianura, ritrovamenti risalenti all’età del bronzo (III millennio a.C.), dimostrano come in questi luoghi la coltivazione della Vitis vinifera silvestris fosse già praticata.
I circa 23mila ettari vitati della regione sono disposti soprattutto in collina, ma le diverse zone vitivinicole, richiedono forme di allevamento molto diverse avendo differenti caratteri pedoclimatici.
Molto diffusi nell’Oltrepò Pavese i sistemi «Guyot singolo» o «multiplo», nel bresciano e nel bergamasco, la «pergola trentina» e il «Sylvoz», sui rilievi collinari si possono ancora trovare vigneti allevati a spalliera, mentre sulle terrazze della Valtellina, dove regna la vera viticoltura «eroica», è molto diffuso il Guyot.
Il 54 % del vigneto lombardo è occupato da vitigni a bacca rossa e trova l’Oltrepò Pavese come maggiore produttore (55 %) dei più di 1’300’000 ettolitri di vino annuali.
Le principali zone vitivinicole sono: le colline del lago di Garda e quelle mantovane di origine morenica, la Franciacorta, il Bergamasco, l’Oltrepò Pavese e la Valtellina, da dove inizieremo il nostro itinerario alla scoperta dei luoghi di produzione dei vari vitigni che il panorama ampelografico lombardo ci offre.
Uscendo da Como imbocchiamo la S340 dove lungo le rive del lago omonimo si alternano lussuose residenze trasformate in hotel, ville con ombrosi giardini e villaggi con accoglienti porticcioli, quasi alla fine della sponda occidentale ci fermiamo a Domaso, villaggio dai gloriosi passati vitivinicoli e che oggi, grazie a qualche piccolo produttore, sta cercando di tornare agli antichi fasti con la produzione del Domasino Rosso (Sangiovese-Merlot-Rossela) e l’ottimo Domasino Bianco (con l’autoctono Verdesa, Sauvignon e Trebbiano), da bersi accompagnandolo con piatti di pesce di lago con risotto.
Dopo esserci lasciati il lago di Como alle spalle, imbocchiamo la veloce superstrada che dopo Morbegno e Talamona, ci porta – oltre l’Adda, il fiume che scorre per tutta la Valle – ad Ardenno sulla sponda destra, da dove sulle soleggiate pendici scoscese ricomincia per più di 40 km l’incredibile terrazzamento costituito da muri di pietra che sostengono il patrimonio vitivinicolo valtellinese, uno spettacolo che un amante del dono di Bacco non può perdere. 1200 ettari di vigneto posizionati tra i 300/700 m s/lm, dove la pendenza oscilla dal 45 al 65 %: pensate al sudore che da secoli le generazioni di viticoltori hanno versato per creare questo territorio che non ha eguali al mondo.
Qui tutte le operazioni vengono eseguite manualmente; è solo con tanta fatica che l’uomo riesce a trasformare i rigonfi grappoli di Chiavennasca in purpureo vino. Siamo di fronte a una vera «viticoltura eroica». Oltre alla Chiavennasca (è il nome locale del Nebbiolo), vengono coltivati la Pignola, vitigno di notevole vigoria, la Rossola e la Brugnola, ma è dalla Chiavennasca quasi in purezza che si ottengono i pregiati D.O.C.G. del Valtellina Superiore. Coltivato nelle sottozone di Maroggia nel comune di Berbenno, il Sassella prende il nome della chiesetta omonima nel comune di Castione (ovest di Sondrio), mentre il Grumello prende il nome dall’omonimo Castello (nord-est di Sondrio); l’Inferno, invece, potrebbe derivare dalle alte temperature estive che si possono raggiungere sui terrazzamenti ricavati nelle rocce; infine, troviamo la Valgella, che è la zona più estesa, circa 164 ettari, nei comuni di Chiuro, Teglio e Tresenda (nord-est di Sondrio).
Dopo una giornata passata tra vigneti e degustazioni varie, accompagnate dagli immancabili stuzzichini di salumi vari e formaggi come il Bitto e il Casera, la sera ci trova ospiti dall’amico Angelo, dove la sorella Ilde ci prepara i suoi famosi pizzoccheri accompagnati da un morbido Sassella. Davanti al fuoco di un camino, con Angelo ricordiamo i tempi passati, mentre centelliniamo a brevi sorsi un mitico Sfurzat, il re dei vini di questa terra, prodotto con uve appassite: è un vino dai grandi profumi e potenza, dove le note tostate incalzano quelle di frutta rossa, con un finale che desta meraviglia.
Al mattino di buon’ora imbocchiamo la S39 del passo dell’Aprica fino a Edolo, dove prendiamo la S42 che ci porta a sfiorare la parte nord de lago d’Iseo e puntiamo verso la Valcalepio, l’area viticola della provincia di Bergamo, situata sui rilievi delle Prealpi, dove si stanno facendo conoscere eccellenti produttori di bianchi realizzati con uve Chardonnay e Pinot Bianco. Degni di nota sono però i rossi di carattere, prodotti da uve Cabernet e Merlot, come quello gustato a pranzo con risotto e salsiccia a Scanzorosciate, dove siamo venuti a gustare il Moscato di Scanzo D.O.C.G. (la più piccola denominazione italiana).
Il Moscato di Scanzo è un vino con una lunga storia alle spalle, apprezzato già dai Visconti e dagli Sforza, signori di Milano, era molto gradito alla corte degli Zar di Russia. Questo vino sta avendo un secondo risorgimento dopo qualche anno passato in letargo. Il dolce nettare che stiamo gustando, profuma di note intense di rosa canina, incenso e spezie, date dall’appassimento, ed è il complemento ideale alla nostra mousse di cioccolato bianco e alla piccola pasticceria secca che ci è stata servita.
A Seriate entriamo per un breve tratto sulla A4 per uscire poco dopo a Palazzolo in provincia di Brescia. Risaliamo verso nord seguendo il fiume Oglio in uscita dal lago d’Iseo e arriviamo a Capriolo, uno dei 19 comuni che formano il territorio della Franciacorta. Scendiamo quindi ad Adro e, immerso nei vigneti, arriviamo a Erbusco, dove sosteremo in questa splendida isola vitivinicola estesa su circa 900 ettari di colline di origine morenica.
Le fresche brezze dopo aver attraversato il lago d’Iseo provenienti dalla Val Camonica, creano un microclima ideale, impedendo la formazione di nebbie invernali e umidità estive, dove lo Chardonnay 80% della superficie vitata, il Pinot Nero 15% e il Pinot Bianco, vendemmiati precocemente fanno della Franciacorta il «leader» italiano dei vini spumanti metodo classico, una terra caratterizzata da imprenditori seri e motivati che hanno saputo valorizzare questo territorio.
/ Davide Comoli