Bacco Giramondo – Cuore della cultura mediterranea, la Puglia è ideale per la viticoltura
La collocazione strategica della Puglia rivolta a oriente ha influenzato nel bene e nel male lo sviluppo di questa regione. Se da una parte ha favorito i contatti con altre civiltà, l’ha però sottoposta a pericolose scorribande di invasori. I mercanti fenici, che sbarcarono in Puglia nel 2000 a.C. circa, apportarono l’introduzione di nuovi vitigni e tecniche di coltura più efficienti. Un ulteriore apporto simile lo dettero anche i coloni greci, molto probabilmente colti da meraviglia nel trovare lussureggianti vigne e buoni vini.
L’occupazione romana trovò dunque un territorio dove la viticoltura donava vini sicuramente gradevoli, tant’è che furono lodati da Orazio che li paragona al Falerno, da Plinio che lodò in particolare i vini di Taranto, e dal poeta Marziale che esaltò i vini di quelle «felici vigne». Anche dopo la caduta dell’Impero Romano, la viniviticoltura pugliese non subì forti tracolli e addirittura, nel 1194, con l’illuminato regno di Federico II di Svezia (grande appassionato tra le altre scienze di viticoltura) furono favorite la sperimentazione e la diffusione di nuovi vitigni.
Incessante fu nei secoli successivi l’attività vitivinicola che trovò addirittura un particolare impulso quando nel XIX secolo l’Europa viticola fu messa in ginocchio dalla devastazione fillosserica. Ma anche in Puglia, un po’ più tardivamente, nel 1919, si abbatté infine il terribile flagello: ci vollero decenni con un’instancabile attività da parte dei viticoltori per ripristinare l’antico patrimonio vitivinicolo. Negli anni Settanta iniziò la riscossa enologica della Regione. Con i suoi quasi 87mila ettari vitati (il 15% del totale italiano), oggi il vigneto pugliese si distribuisce anzitutto in pianura 70% e in collina 29,5%.
Negli ultimi anni si sta diffondendo il sistema d’allevamento a spalliera, anche se soprattutto nel Salento e in qualche zona del Barese resiste l’alberello e, per l’uva da tavola, il tendone.
È da qualche anno ormai che si sente parlare di rinascita o se preferite rivoluzione del vino pugliese, questa regione che rappresenta il cuore della cultura mediterranea, è il luogo ideale per produrre vino, senza dimenticare la produzione dell’olio extravergine di ottima qualità. Dal punto di vista ampelografico c’è una valorizzazione sempre più convinta dei vitigni autoctoni.
Tra le varietà a frutto nero ricordiamo, il Negroamaro, il Primitivo (forse imparentato, ma la questione è controversa, con lo Zinfandel della California), la Malvasia Nera, il Bombino Nero, il Somarello, l’Aleatico e l’Ottavianello, l’Uva di Troia e poi i soliti internazionali con il Montepulciano d’Abruzzo e il Sangiovese.
L’inserimento di vitigni internazionali, le tecniche in vigna e in cantina perfezionate nel corso degli anni, hanno portato una crescita qualitativa anche nella produzione di uve a bacca bianca, tra le quali citiamo la Malvasia Bianca, la Verdeca, il Bombino Bianco, il Trebbiano Toscano, il Pampanuto, il Fiano Minutolo che non ha nulla a che fare con il Fiano campano, ma su sfondo leggermente muschiato; sul vino prodotto, percepiamo note di fiori bianchi, camomilla, bergamotto e litchi, molto interessante da provare con le tipiche «orecchiette con le cime di rapa». Non dobbiamo però dimenticare soprattutto, per la loro finezza dei profumi e la loro fragranza, i vini Rosati. Dai primi rosati da Negroamaro e Malvasia Nera prodotti nel 1943, oggi questi vini dai colori che passano dal cerasuolo al corallo, sono molto richiesti e sono spesso i protagonisti nei matrimoni con la cucina della Regione, fatta di gustosi piatti di terra e di mare, da provare con le «zuppe di pesce» sia a Gallipoli sia a Brindisi.
Appena superato il confine con il Molise, si entra nella Capitanata (l’antica Daunia) che corrisponde alla provincia di Foggia. Qui troviamo denominazioni consolidate come quella di San Severo alla quale da non molto si è aggiunta la D.O.C. Tavoliere delle Puglie. Le due zone stanno molto valorizzando la varietà locale a bacca nera chiamata in loco Sumarello, ma a tutti conosciuta come Uva di Troia, usata per la produzione di ottimi rossi e rosati in purezza.
Quasi alle porte di Foggia di Lucera, troviamo il Cacc’e Mmitte (leva e metti) prodotto con Uva di Troia, Montepulciano e altre varietà a bacca rossa, usando un’antica pratica di vinificazione; è un po’ raro da trovare, ma se avete la fortuna provatelo con formaggi come il «canestrato», il caciocavallo podolico o con un pecorino stagionato.
Il comprensorio settentrionale della provincia di Bari è dominato dall’antico castello di Federico II. Il Castel del Monte è un’area degradante della Murgia. I vini rossi più longevi e più complessi nascono da Uva di Troia e Aglianico, oppure da un «blend» tra una di queste varietà con il Montepulciano. Da provare pure l’ottimo rosato prodotto con il Bombino Nero, come pure i vari bianchi prodotti con Bombino Bianco, Pampanuto e i vari Chardonnay, Pinot Bianco e Sauvignon Blanc. Se potete, fermatevi poi a Trani a gustare il Moscato dolce dai profumi di zagara.
Nella parte inferiore della Murgia Centrale, troviamo le D.O.C. Gravina, Gioia del Colle, Martina Franca e Locorotondo (sempre in provincia di Bari), i vini più prestigiosi sono prodotti con il Primitivo che dona prodotti molto eleganti. Nella I.G.P. Murgia e Valle d’Itria, che si trova a cavallo tra le province di Bari, Taranto e Brindisi, con i vigneti Verdeca, Malvasia Bianca, Minutolo, Bianco d’Alessano, si producono gradevolissimi vini bianchi da abbinare alla classica «burrata» pugliese.
Nelle soleggiate terre intorno al Golfo di Taranto, il Primitivo tocca vette di assoluto rilievo; a Manduria antichi ceppi di questo vitigno offrono vini imperdibili, ottimo con il «capretto al rosmarino» e se volete deliziarvi, provate pure il Primitivo di Manduria Dolce Naturale, con «fichi secchi mandorlati ricoperti di cioccolato fondente».
Passando attraverso le Colline Joniche Tarantine si arriva nel Salento, a Salice Salentino, con le uve di Negroamaro lasciate sovra-maturare nella vigna, per donare la tannicità del vino prodotto, abbiamo gustato vini eccellenti. Qui nell’Alto Salento la terra è votata in modo particolare alla viticoltura, siamo in provincia di Brindisi e la Malvasia Nera con il Primitivo e il Susumaniello, per i vini rossi e rosati, la Malvasia Bianca, il Fiano, il Minutolo, per i bianchi, offrono un ventaglio eccezionale di degustazione.
Non lasciate questi luoghi senza aver provato lo «strudel di ciliege» con l’Aleatico dolce. Nel Basso Salento, in provincia di Lecce, il Negroamaro regna incontrastato; ottimi pure i vini bianchi prodotti con vitigni locali, il Sauvignon e lo Chardonnay, da provare con piatti che trovate sulla costa a sud di Gallipoli, dove la gastronomia profuma di sapori mediterranei.
Scelto per voi
Scalandrino – Vermentino
In provincia di Grosseto troviamo la Maremma per eccellenza, accogliente angolo di natura da scoprire, con la sua campagna suggestiva e dai suoi paesi in tufo. A Magliano in Toscana (località Banditaccia), troviamo la fattoria Mantelassi, all’interno di un paesaggio costellato di ulivi e vigneti.
Accanto ai vini classici che riescono a esprimere un’idea precisa del territorio, qui troviamo lo Scalandrino, un Vermentino della Maremma. Fermentato in botti di rovere 4/6 settimane, è di un giallo paglierino intenso. Fragrante e molto fruttato, con note di pesca bianca, frutta esotica e accenti di pietra focaia, fresco, dal gusto salino, di buon corpo e vogliamo aggiungere di «pericolosa» bevibilità, da continuare a berne.Lo raccomandiamo per accompagnare un’insalata di mare o un risotto alla marinara; noi l’abbiamo provato con una frittura di mare, una meraviglia!
/ Davide Comoli