Bacco giramondo – Continua il viaggio elvetico tra i vigneti di Neuchâtel
Il vigneto «neuchâtelois» si estende da Vaumarcus al lago di Bienne sino a Le Landeron. I suoi terreni coltivati a viti e orientati verso mezzogiorno o verso sud-ovest restano protetti – dai freddi venti provenienti dal nord e dalle fredde piogge che arrivano da ovest – grazie ai contrafforti del Giura. Una condizione ottimale che però non permette loro di sfuggire alle gelate primaverili e alla grandine. In compenso il benefico calore proveniente dal lago garantisce la maturazione delle uve, quasi fosse un tampone termico.
È certo che la vigna qui esisteva prima dell’arrivo delle legioni di Roma (molti toponimi in zona ne confermano l’antica presenza), ma si potrebbe anche supporre che le popolazioni celtiche (III e II sec. a.C.) conoscessero già il suo frutto, visto che negli scavi del locale sito archeologico La Tène sono stati ritrovati dei vinaccioli negli agglomerati palafitticoli del lago. Quel che è certo è che l’avventura dei vini di questa zona incomincia nel 998 d.C., quando il «Signore» Rodolfo I di Neuchâtel dona delle vigne ai monaci dell’abbazia di Beauvais.
Oggi un’incredibile quantità di suoli diversi forma il vigneto cantonale, sebbene si noti in tutti i terreni un’importante presenza di calcare: rocce sedimentarie e calcaree tra Boudry, Cortaillod e Auvernier; terreni sabbiosi di origine glaciale a Bevaix; e terreni ghiaiosi a Le Landeron. In tutto sono circa 40 km di vigna situati tra il lago e il Giura e interrotti solo per qualche chilometro dalla città di Neuchâtel prima di continuare sui pendii coltivati tra i 430 e i 600 metri d’altitudine. Con i suoi circa 600 ettari vitati, Neuchâtel è il sesto cantone viticolo svizzero.
Ben inquadrato in un sistema di viticoltura di qualità, Neuchâtel limita il rendimento dei suoi vitigni a 900 g/mq per il Pinot Nero e 1,1 kg/mq per lo Chasselas. Da notare pure come Neuchâtel sia stato il pioniere e la figura modello che ha aperto la strada all’agricoltura Bio in Svizzera agli inizi degli anni Novanta; oggi più del 25% del vigneto del Cantone porta ufficialmente il marchio Bio.
I circa 40 km di vigneti, che affondano le radici su suoli poveri di humus, ma ricchi di sali minerali, sono allevati per il 61% da vitigni rossi, mentre il 39% è destinato a vitigni bianchi. I vini prodotti nei suoi diciotto comuni viticoli – tra cui Auvernier, Boudry, Colombier, Saint-Blaise o Ville de Neuchâtel – portano tutti in etichetta (grazie a un decreto del 2007) il nome Neuchâtel.
Il Pinot Nero è senza dubbio il vitigno più coltivato ed è quello ufficialmente autorizzato; la sua produzione è incoraggiata grazie al terreno e al clima molto simile ad alcune zone della Borgogna. In pochi anni si ottengono vini di razza e molto eleganti: lasciati in cantina per qualche anno, eccitano la curiosità come quello da noi provato a Cortaillod.
A base di Pinot Nero troviamo pure degli Spumanti, ma certamente il vino più conosciuto è l’avvolgente Oeil-de-Perdrix, un rosato del quale i produttori di Neuchâtel, vittime di un eccesso di fiducia, non hanno saputo proteggere il nome; chi ama questo genere di vino sa però che il caratteristico Oeil-de-Perdrix è quello di Neuchâtel che, grazie alla morbidezza, ha fatto del suo colore un’arte. Prodotto da molto tempo, ma poco conosciuto è il Perdrix Blanchem, un blanc de noir, che abbiamo provato ad Auvernier: pieno di charme, oseremmo dire quasi sensuale, è l’ottimo compagno durante una merenda a base di formaggi della zona. Tra i rossi troviamo pure qualche ceppo di Gamaret, di Garanoir e di Merlot. I vini prodotti da vitigni a bacca bianca offrono una paletta di profumi e sapori molto particolari, grazie alla loro mineralità, dovuta al terreno calcareo onnipresente, e la mordente caratteristica per la presenza di gas carbonio.
Abbiamo trovato i vini di Neuchâtel sparsi per il mondo (forse perché resistono bene al trasporto) nei migliori hotels.
Il dominatore assoluto tra queste tipologie è lo Chasselas che copre circa il 36% del territorio; ne abbiamo provati alcuni all’enoteca Château de Boudry, dove si trova pure un museo del vino e della vigna. Curioso il Non Filtré, un Chasselas che viene presentato torbido alla terza settimana di gennaio, messo in bottiglia con le sue fecce: ricco di profumi, è molto amato e ad oggi più del 10% della produzione è usato per il commercio; incomincia a piacere anche in altri cantoni.
Sei sono i vitigni autorizzati ad avere l’A.O.C. (Appellation d’Ori-gine Contrôlée), solo il Pinot Nero tra i rossi; tra i bianchi: lo Chasselas 216 ha; il Pinot Grigio 22 ha, che dona un vino fruttato e avvolgente; lo Chardonnay 19 ha, ampio e rotondo con note di frutta esotica; il Gewürztraminer 3,4 ha, fresco e aromatico; il Müller-Thurgau 3,5 ha, che è un po’ il bianco emblematico della Svizzera del nord; il Sauvignon 4,8 ha, dai notevoli profumi e freschezza. Troviamo pure qualche ettaro vitato a Doral e Pinot Bianco.
Istituito nel 1985 dalla Federazione dei vignerons di Neuchâtel, l’etichetta «La Gerle», marchio di qualità, ricompensa gli Chasselas e Oeil-de-Perdrix che hanno ottenuto 18/20 nel punteggio di degustazione.
Un Müller-Thurgau molto aromatico con note erbacee fa da accompagnamento sia come aperitivo, sia a un’«insalata campagnola»; il rosa salmonato e le incredibili nuances di un Oeil-de-Perdrix creano invece il perfetto connubio con una «omble chevalier» (salmerino alpino) profumata con timo e prezzemolo.
/ Davide Comoli