Bacco giramondo – Le colline del Garda e della Valpolicella-Veneto – Prima parte
Alcuni reperti fossili di ca. 40 milioni di anni fa, rinvenuti nella «pescaia» di Bolca di Vestenanova sui Monti Lessini, avevano fissato nella roccia l’immagine di alcune foglie ed infiorescenze delle Ampelidee, progenitrici dell’odierna Vitis vinifera sativa.
L’uomo non era ancora comparso sul pianeta e per ritrovare altri segni degni di nota sul nostro tema, si deve arrivare all’era delle palafitte, lungo le coste del lago di Garda, sia sulla sponda bresciana, sia a Peschiera e Lazise nel Veronese, dove furono rinvenuti vinaccioli ed utensili collegati «forse» a rudimentali processi di vinificazione. Questo testimonia l’intenso legame che il Veneto ha con la viticoltura. Forse è proprio in virtù di questa secolare tradizione che il territorio di questa regione si presenta molto vario e ricco dal punto di vista ampelografico.
Intorno al 1000 a.C. i Veneti si insediarono nella regione, seguiti tra il VII e V sec. a.C. dagli Etruschi e dai Reti Arusmati, il loro incontro portò un certo successo nell’arte della vinicoltura. La fama del vino Retico arrivò con la dominazione romana e più tardi con le invasioni barbariche, che portarono alla decadenza la coltura della vite. Intorno all’anno 1000 la coltura della vigna pare diventare l’attività prevalente, prosperando sotto la Serenissima Repubblica di Venezia.
Tra momenti di alta produzione e altri più drammatici come l’inverno del 1709 e la «filossera» del secolo scorso, oggi il Veneto è la principale regione italiana per quantità di uva prodotta, ma anche per la produzione di vini, quasi 9 milioni di ettolitri, su di una superficie vitata di ca. 80’000 ettari, dove un ruolo di particolare rilevanza per la penetrazione nei vari mercati, è stata data dal «fenomeno» Prosecco, ma è il Soave, con le sue varie tipologie di vini e i suoi 7000 ettari collocati sulle colline della parte orientale di Verona, che detiene la palma del «più esteso vigneto d’Europa».
I quasi 19’000 kmq del territorio Veneto, vengono occupati dal 56,4% da pianura, 29,1% da montagna e il 14,5% da collina, sui quali predomina un clima temperato subcontinentale, dove l’azione mitigatrice del Mar Adriatico e la protezione dai venti freddi del nord data dalle Alpi, svolgono un ruolo molto importante.
Il Veneto presenta dei terreni molto variegati che permettono ai vari vitigni di esprimersi su diversi livelli di qualità. Sulle sponde limitrofe al lago di Garda (sponda veronese), troviamo due diverse zone, dove i vitigni come il Corvina, Rondinella, Molinara, Rossignola e Corvinone, si esprimono in modo diverso. Sui terreni morenico-glaciali della zona di Bardolino, troviamo vini freschi e fruttati, mentre in Valpolicella con i suoli ricchi di argilla, arenaria e calcare, danno vini ricchi di colore, corpo, speziatura e mineralità. Per ottenere vini più ricchi di profumi è diffusa la pratica «dell’uvaggio», la Corvina assicura colore, profumi fruttati, floreali e acidità, la Rondinella apporta corpo, profumi speziati e armonia, la Molinara acidità e un gusto delicatamente amarognolo.
Uscendo dalla A4 provenienti da Milano, usciamo a Peschiera del Garda e bordeggiando il lago arriviamo a Lazise, piacevole borgo lacustre, dove ci concediamo una piccola pausa concedendoci un buon bicchiere di Lugana, qui chiamato Turbiana, dai piacevoli profumi di fiori bianchi, agrumi e albicocche, la sua struttura suggerisce di abbinarlo ad un piatto locale come la «tinca con polenta». Questa è una terra tutta da bere, dove i vini si sposano a meraviglia con i piatti della tradizione scaligera. Proseguiamo in direzione nord, verso Bardolino, celebre per l’omonimo vino rosso. I suoli morenici e l’escursione termica tra il giorno e la notte, permettono di ottenere un vino dai sentori di ciliegia, frutti di bosco e una piacevole speziatura. Il Bardolino Superiore Classico è stato il primo vino rosso veneto ad ottenere nel 2001 il riconoscimento D.O.C.G.
Il rosa intenso, il frutto rosso quasi di macedonia e i profumi leggermente floreali del Bardolino Chiaretto che abbiamo gustato nella pausa di mezzodì, è stato il giusto abbinamento alla nostra «insalata estiva di pesci di lago».
La Valpolicella è la zona collinare che si estende a nord di Verona, solcata dai corsi d’acqua di tre torrenti (qui chiamati «progni»), che dai Monti Lessini scendono verso l’Adige, formando 3 valli parallele, dove il paesaggio è dominato dai vigneti e da eleganti dimore. Qui allevati con la classica «pergola veronese» i vitigni sopracitati e in misura minore la Forselina, la Negrara e l’Oseleta, danno vini di prestigio come: il Valpolicella Superiore, il Ripasso della Valpolicella, l’Amarone e il Recioto.
Arrivando da Bardolino, entriamo in quella che viene definita la zona Classica di produzione dei vini della Valpolicella, caratterizzata da 5 aree geografiche che producono vini dalle caratteristiche organolettiche differenti. A Sant’Ambrogio, famoso anche per il suo marmo rosso, su terreni calcarei, si ottengono vini longevi, strutturati e di una contenuta acidità. Scendendo a valle lungo il torrente, arriviamo a Fumane, i vigneti si trovano su rocce calcaree stratificate e i vini ottenuti hanno delle note floreali, morbidi, di corpo e una buona longevità in cantina. Salendo la Valle del progno Marano, raggiungiamo il villaggio che porta lo stesso nome, è questa una delle zone più coltivate, situata tra i 300-400 m, i suoli sono costituiti da vulcaniti basaltiche, i vini prodotti sono molto eleganti, con intensi profumi di ciliegia e prugna secca, con una buona acidità. In loco abbiamo provato tra l’altro un Recioto della Valpolicella Classico 2014, dal colore rubino molto concentrato, al primo impatto olfattivo ci ha colpito il sentore di erbe officinali, seguito subito da profumi di confettura di frutta matura, con un finale che ci ha avvolto in un abbraccio di cacao e spezie, lo abbiamo provato con i «bussola», delicati biscotti con pinoli, canditi, mandorle, cioccolata a pezzi, pepe e noce moscata, il ricordo dei quali ci fa tornare l’acquolina in bocca. Forse il moderno Recioto è l’erede prodotto più di 2000 anni fa con uve appassite.
Scendendo una piacevole vallata bordata da colline di cipressi, arriviamo nel tardo pomeriggio a Negrar. Questa zona vanta la produzione dei «cru» più prestigiosi: su un suolo argilloso-limoso, le uve danno vini di grande struttura e longevità, con un’eleganza fuori dal comune. Nel tardo pomeriggio passando da Pedemonte, dove visitiamo la Villa Serego-Boccoli (XVI sec.), progettata dal Palladio, attraversiamo San Pietro in Cariano, storico centro politico e amministrativo della Valpolicella, dove su terreni alluvionali chiude a sud la zona Classica, producendo vini dalle note balsamiche e speziate.
Con gli amici Piero ed Ercole, alla sera ci fermiamo a Pescantina, dove in località Ospedaletto siamo ospiti della famiglia Tommasi, nel complesso seicentesco di Villa Quaranta. I «bigoli (specie di grossi spaghetti) con il sugo d’anatra», vengono innaffiati da un’intrigante e fresco Valpolicella Superiore, mentre la classica «pastissada de caval» (stufato di cavallo con pomodoro), viene esaltata da un magnifico Amarone de Buris 2008, una vera eccellenza, quasi impenetrabile alla vista, con un’incredibile concentrazione di frutta rossa: un vino grandioso che raggiunge i vertici dell’eccellenza, che il nostro anfitrione ha voluto con grande signorilità condividere con noi.
/ Davide Comoli