Vino nella storia – Il «cuore verde d’Italia» possiede una tradizione vitivinicola di grande qualità e prestigio
Completamente circondata da Lazio, Marche e Toscana, la regione Umbria è da tempo denominata «il cuore verde d’Italia», grazie alla sua conformazione prevalentemente collinare e montana, alla sua ricchezza di boschi e di acque, ai suoi terreni in prevalenza calcarei e argillosi, che ospitano da tempo immemorabile tra le colture agricole, la vite e l’olivo.
La regione più collinare d’Italia è separata da rilievi appenninici orientali, dai subappenici più bassi, dalle valli Tiberina e Umbra e dal monte Redentore (2449 m). Le poche pianure sono situate dove c’erano antichi laghi colmati poi da depositi alluvionali. Il fiume principale è il Tevere che attraversa la regione per 210 km, i suoi affluenti sono a destra il Paglia e il Nestore, a sinistra il Nera e il Chiascio, senza dimenticare il lago Trasimeno (quarto lago in Italia per estensione), con una profondità massima di 6 m.
Qui la coltura della vite risale ad epoche antiche: lo testimoniano i moltissimi reperti rinvenuti nelle tombe etrusche, da dove sono stati portati alla luce stupendi vasi enoici.
Il popolo Etrusco, già presente nel VII sec. a.C. in questa regione, rivolse cure particolari alla coltivazione della vite, usando il «sacro» nettare nei riti religiosi e soprattutto come conforto per il lungo viaggio che ci aspetta dopo la morte.
Con sorpresa, al loro arrivo (non pacifico), i Romani scoprirono una popolazione, i locali Umbri e i sopraccitati Etruschi, già abituati a godere del succo dell’albero della vite.
Virgilio e Plinio confermano con i loro scritti la presenza delle uve Apinae dalle quali si otteneva un vino dolce, parlano pure del Murgentina, molto diffuso a Chiusi, ma d’origine campana, come pure del Tudertis diffuso a Todi.
In Umbria furono particolarmente attivi gli ordini monastici, dei quali, possiamo senza dubbio affermare che furono i salvatori della viticoltura in tempi bui, grazie ai seguaci di San Benedetto da Norcia ed ai Cistercensi. Sarà la brillante penna di Sante Lancerio (1548) antesignano dei moderni sommelier, che annoterà i vini di questa regione al seguito di papa Paolo III Farnese.
Passeranno quasi 50 anni prima che A. Bacci dia ampio spazio alla vitivinicoltura dei vini umbri, dove la parte del leone la fa giustamente il vino di Orvieto, già allora imbottigliato in fiaschetti di paglia.
Il vigneto umbro copre prevalentemente in collina una superficie di ca. 13’000 ettari, il vitigno emblema di questa regione, presente quasi esclusivamente nella zona di Montefalco, è il Sagrantino.
Sembra che questo vitigno sia la naturale mutazione dell’antico vitigno Hitriola di cui già parlava Plinio il Vecchio, scrivendo dei vini di Bevagna.
Il Sangiovese entra in purezza o nella composizione in quasi tutti i vini D.O.C. prodotti nella regione. Piuttosto apprezzato nella zona per la sua vinosità, per i suoi profumi di marsala e i tannini leggeri è il Ciliegiolo, mentre, usato soprattutto in assemblaggio perché offre un buon tenore alcolico, è il Canaiolo Nero. Il Montepulciano e il Gamay, trovano un ambiente pedoclimatico ottimale nella zona di Terni e del lago Trasimeno.
L’autoctono Grechetto (l’antico Greco di Todi), è il vitigno più caratteristico a bacca bianca della regione: il Trebbiano Toscano vino di buona acidità, è normalmente usato nella composizione dei bianchi locali, ma anche vinificato in purezza dà una vino con buona struttura.
Nelle colline a meridione trova il suo sito ideale la Malvasia Bianca, mentre il produttivo Verdello entra nella composizione di numerose denominazioni.
Anche qui sono presenti il Merlot, il Cabernet Sauvignon, usati per i famosi tagli bordolesi, lo Chardonnay e il Sauvignon Blanc, il quale ben si presta alla produzione dei «muffati».
Sei sono le zone in cui è divisa l’Umbria vitivinicola. Arrivando dalla Toscana troviamo il lago Trasimeno con le sue colline, ideale per i vini rossi. Consigliamo in particolare il locale Gamay: recenti studi lo ricollegano alla Grenache, quindi non è il vitigno che si trova nel Beaujolais; assolutamente da provare con le famose anguille alla brace, piatto locale. Proseguendo verso sud si arriva nella zona dei Colli Perugini, dove troviamo le D.O.C. Assisi, vini di grande struttura. Proseguendo si entra nell’area di produzione di Torgiano: la viticoltura in questa zona risale addirittura all’epoca etrusca, il Torgiano Rosso Riserva D.O.C.G. è il fiore all’occhiello, prodotto soprattutto con il Sangiovese; grazie alla lenta evoluzione per almeno 3 anni, crea complessi aromi: vino di grande struttura, ottimo con i colombacci allo spiedo (non dimenticate di visitare il Museo del vino, presso una nota cantina). La terra umbra è ricca di pregiati tartufi raccolti nella Valnerina, nelle vicinanze di Spoleto, dove il Trebbiano la fa da padrone: profumi di fresche erbe aromatiche fanno di questo vino l’ideale compagno della classica pasta e fagioli o di una zuppa di legumi profumata al tartufo nero.
L’esteso comprensorio di Orvieto rappresenta circa la metà della produzione regionale, situata ai confini del Lazio, condivide la D.O.C. Ottenuti principalmente con Grechetto, Trebbiano, Verdello, Malvasia e raramente anche Chardonnay, troviamo vini bianchi ben strutturati, piacevolmente minerali. Presso il piccolo lago di Corbara, con uve attaccate dalla «Botrytis Cinerea», scopriamo la preziosa tipologia Muffa Nobile, da provare con un pecorino stagionato dell’altopiano del Subasio.
Nei dintorni di Todi troviamo i terreni più vocati per la produzione del Grechetto, da bersi con le trote pescate nel Clitunno, cotte alla griglia.
Prodotto fino agli anni 70 solo come vino dolce, il Sagrantino è riuscito ad imporsi a livello mondiale come grande vino da evoluzione e da abbinare a piatti strutturati.
Vitigno a maturazione tardiva, attenua la sua tannicità prima in vigna e poi in cantina, il Montefalco Sagrantino D.O.C.G. può essere prodotto solo nel comune omonimo e parte nei comuni di Bevagna, Gualdo Cattaneo, Castel Rinaldi e Gianno d’Umbria, tutti in provincia di Perugia.
Scelto per voi
Sasso Chierico
Sui 7 ettari di proprietà della famiglia Antognini, situati nel comune di Gudo, sulla sponda destra del fiume Ticino, vengono allevate le viti di Merlot, alcune delle quali vecchie di più di 40 anni. Qui i vecchi ceppi penetrano nel terreno fino a 130 cm di profondità: siamo in presenza di un suolo molto adatto alla viticoltura, con terreni medio leggeri, ricchi di materia organica, acido e non calcareo. Nella sua passione per la viticoltura, Giovanni Antognini è affiancato dal valente enologo Michele Conceprio: insieme hanno prodotto e vinificato questo stupendo Merlot del Sopraceneri.
Con il suo colore rubino granato intenso, molto speziato al naso, con note vanigliate e accenni erbacei, note di mirtillo, caldo, morbido e tannini diffusi con una sorprendente lunga persistenza, il Sasso Chierico è l’ottimo compagno non solo per i piatti strutturati di questa stagione, ma lo pensiamo anche come partner ideale per la cucina tradizionale della nostra Regione.
/ Davide Comoli