L’Alsazia in cantina - Vinarte

Bacco Giramondo. I principali vitigni coltivati sono Riesling, Gewürtztraminer, Pinot Gris, Pinot Blanc, Muscat e Sylvaner

Non si può parlare d’Alsazia senza parlare dei suoi vigneti. Principale ricchezza agricola, i vigneti alsaziani sono anche una grande attrazione turistica e culturale. Da nord a sud i vigneti si estendono su circa 120 km e coprono una superficie vitata di circa 140mila ettari, da Marlenheim, nel Basso Reno fino a Thann, nell’Alto Reno. I vigneti formano una banda quasi continua e non superano quasi mai i 4,5 metri di larghezza. Raggruppati intorno a piccole città o villaggi, in passato ricchi di storia, i vigneti sono installati nel versante vallonato delle colline intorno al massiccio dei Vosgi, che riparano il territorio dai venti e dalle piogge provenienti dall’Atlantico, creando una barriera. Già le popolazioni celtiche, che popolavano questi luoghi, sapevano produrre vino con le viti selvatiche che numerose si trovavano nelle foreste del Reno. Ciononostante, fu solo nei primi secoli della nostra era, dopo la conquista da parte di Roma, che si cominciò a parlare di coltura della vite. Nel V sec., l’invasione da parte degli Alemanni portò al declino della viticoltura. Fu la cristianizzazione, portata dai re Merovingi e Carolingi e l’impulso dato dai monasteri, che permise alla viticoltura di rinascere e avere un’importanza sempre crescente nell’economia alsaziana. Documenti antecedenti al 900 d.C. attestano già più di 150 località dove si coltivava la vigna. Il XVI sec. vede l’apogeo della viticoltura: ne sono testimoni i superbi edifici che s’incontrano nei numerosi villaggi che si attraversano. Nello stesso periodo nascono le prime corporazioni di artigiani comprese quelle inerenti alla viticoltura, che fanno prosperare un gran numero di famiglie. La guerra dei Trent’anni, nel XVII sec., riduce a ferro e fuoco la regione e bisognerà attendere il XIX sec. per ritrovare una certa prosperità. In seguito, la concorrenza dei vini e del Midi della Francia, la filossera, le altre malattie parassitarie e non da ultimo l’annessione dell’Alsazia alla Germania dal 1871 al 1918, perpetuarono sino al 1948, le difficoltà per il vigneto alsaziano. Cinquanta milioni di anni or sono, i Vosgi e la Foresta Nera formavano un solo insieme montagnoso. Durante le Ere Primaria e Secondaria, questo massiccio subì una successione di avvenimenti tettonici: erosioni, immersioni, depositi sedimentari, corrugamenti. Nel Terziario, dal cedimento di questo massiccio, nacque una larga pianura nel mezzo della quale scorre il Reno. Nel Quaternario, il fiume spande nella piana enormi quantità di ghiaia, che è quella che ai giorni nostri ci dà modo di spiegare il perché della grande diversità di suoli del vigneto alsaziano. Gli strati accumulati nel corso dei secoli sono ben visibili. La maggior parte dei comuni vinicoli presentano diverse composizioni di terreni. Con l’amico Pierre Gassman, noto produttore locale, abbiamo visitato ben 21 tipi di suoli diversi: solo nel piccolo villaggio di Rorschwihr vengono prodotti 12 crus di grande diversità. Il clima dell’Alsazia è fresco e temperato, gli inverni sono sovente rigorosi e le estati piuttosto calde. Come già scritto, i Vosgi rappresentano un ostacolo all’influenza umida che arriva dall’Atlantico. Ma esistono anche molti microclimi locali che nascono dalle sinuosità dei rilievi e che giocano un ruolo preponderante nelle vendemmie con vigne esposte a sud e a sud-est. Le piogge variano enormemente dalla cresta dei Vosgi alla pianura. Per la viticoltura esse sono piuttosto flebili e regolari: dai 500 ai 650 mm per anno, il che costituisce garanzia di qualità. Grazie a una maturazione lenta e prolungata, favorita appunto dal clima, le costituenti aromatiche delle uve si esprimono pienamente. Fino al XVI sec., non si trovano tracce scritte dei nomi dei vitigni, è solo nel 1551 che il botanico Hieronymus Bock Tragus, menziona in un trattato esposto nella biblioteca di Strasburgo, i vitigni Riesling, Muscat e Traminer. Anche le etichette in Alsazia sono molto facili da leggere, la prima informazione che troviamo è il nome del vitigno (vino), la seconda quella del proprietario del vigneto e sovente, soprattutto quando si tratta di Grand Cru, il nome del vigneto o del villaggio dove il vino è prodotto. I principali vitigni coltivati sono: Riesling, è il vitigno più elegante coltivato in Alsazia, con cui si producono vini bianchi grandiosi, molto longevi e così pure degli eccellenti vini bianchi prodotti con vendemmie tardive. Gewürtztraminer, la superficie vitata di questo vitigno aumenta in continuazione e copre quasi un quarto del vigneto Alsaziano, in grandi annate produce vini di grande aromaticità, speziatura, ampi e generosi, si producono anche vini con vendemmie tardive. Il Pinot Gris, vitigno presente già nel XVI sec. sotto il nome di Tokay d’Alsace, ma dal 1984 dopo una querelle da parte del governo Ungherese, questa denominazione è stata proibita dall’Unione Europea, rimpiazzata semplicemente da Pinot Gris. Pinot Blanc, il vitigno sta conoscendo un periodo un po’ oscuro, è usato soprattutto per produrre i Crémant (vini spumanti). Muscat, questo vitigno aromatico è presente in due versioni, il Muscat d’Alsace e il Muscat Ottonel, è da preferire il primo vinificato secco, dai piacevoli sentori di uva molto intensi e usato come aperitivo. Sylvaner, vitigno coltivato nelle zone meno prestigiose del Bas-Rhin, il vino prodotto è fresco e semplice, ma coltivato su terreni eccezionali, può essere paragonato ai grandi Riesling. Pinot Nero, è il solo vitigno rosso coltivato, si producono vini poco colorati, ma quando le rese in vigna sono basse e l’annata è buona, i vini possono essere eccellenti. Da abbinare al fegato d’oca o a un Münster un po’ stagionato, consigliamo di provare una Sélection de Grains Nobles, questi vini sono prodotti solo da uve attaccate dalla Muffa Nobile, raccolte in tre fasi diverse e solo in annate molto calde.

Buttafuoco
Sulla destra orografica del fiume Po, incastonate tra le province di Alessandria e Piacenza si trovano le colline dell’Oltrepò Pavese, un’arenaria vecchia di 3mila anni che ha la forma di un grappolo d’uva; fatto che la dice lunga su questo comprensorio formato da suoli argillosi e calcarei. L’Oltrepò Pavese ha una straordinaria capacità produttiva, e più del 70% del vino della Lombardia proviene da questa zona. Il vitigno più coltivato in Oltrepò è la Barbera, seguito dalla Croatina e l’Uva Rara che guarda caso sono i vitigni alla base del vino che presentiamo oggi, il Buttafuoco. Specialità di Canneto Pavese, questo vino prende il nome dal colore molto acceso, in dialetto «bùta come el foueg». Non v’è dubbio che Carlo Porta (il grande poeta dialettale milanese) volesse riferirsi a questo vino nel suo Brindes de Meneghin all’Ostaria. È un vino semplice, dall’odore vinoso, intenso e fruttato, dal gusto asciutto e di corpo, talvolta vivace. Da servire in estate tra i 14-16° C, ideale nelle serate estive su minestroni freddi o tiepidi, su taglieri di salumi anche cotti e su piatti di carne semplici della tradizione contadina.

 

/ Davide Comoli