Bacco giramondo – I vini di Jerez, Malaga, Huelva e Cordoba sono unici, e portano al mondo dei vini spagnoli qualcosa di particolare.
Circa 3000 anni or sono i navigatori Fenici fondarono l’attuale Cadice e acclimatarono i primi ceppi di vite, ma furono in seguito i Greci a incominciare veramente a occuparsi di viticoltura e a introdurre la «potatura» delle vigne.
A dispetto delle idee che si hanno sul clima a sud della Spagna, completamente errate, in questa regione piove molto in primavera e in inverno, soprattutto lungo la costa. È soprattutto in prossimità del mare e del monte Grazalema, vicino a Cadice, che troviamo la regione più bagnata di tutta la Spagna. Un altro record di questa regione è appannaggio di Jerez e Sanlúcar de Barrameda, dove più di tremila ore annue di sole fanno di questa regione la più (alle volte) soleggiata al mondo.
L’Andalusia è un mondo viticolo a parte, conosciuta superficialmente anche dagli stessi spagnoli, possiamo solo dire che i vini di Jerez, Malaga, Huelva e Cordoba sono unici, e portano al mondo dei vini spagnoli qualcosa di particolare.
I vini delle quattro D.O. sopracitate non sono uguali, anche se li possiamo mettere nella stessa categoria, sono vini che possiedono un alto grado alcolico ottenuto o con la fermentazione naturale o acquisito attraverso l’aggiunta di alcol.
In questo modo spesso vengono usati come aperitivo, ma anche a fine pasto; altri come i Finos e i Manzanilla, invece, accompagnano molto bene le specialità andaluse, mettendole in evidenza: i frutti di mare grigliati e fritti, le famose tapas e non dimentichiamo i famosi prosciutti spagnoli.
Purtroppo i dolci vini prodotti a Malaga e Montilla-Moriles non godono dell’attenzione che meritano. Tuttavia va detto che nel 1850 la provincia di Malaga era addirittura la seconda regione viticola spagnola. Oggi la superficie viticola si è molto ridotta, causa la speculazione edilizia causata dal turismo di massa. Due sono le tipologie di vino di Malaga che vengono prodotte: il Dulce natural o più semplicemente Malaga deve contenere almeno 300 grammi di zucchero residuo e 13% vol. d’alcol svolto. I vitigni con cui è prodotto sono quelli del Pedro Ximénez con delle piccole percentuali di Moscatel.
Il Malaga classico non è costituito dal semplice mosto (spesso, aromatico, concentrato), ma di una concentrazione di mosto (arrope) e vino prodotto con uve seccate al sole (vino tierno) con un procedimento che ogni produttore cela gelosamente; si sa però che essi aggiungono ai loro vini una piccola percentuale di alcol etilico fino a portarli a 15% vol.
Le molteplici indicazioni che appaiono sulle etichette del vino di Malaga sono dovute a un mercante tedesco. In effetti furono i tedeschi a dominare per un lungo tempo il commercio di questa tipologia di vino. Potete quindi trovare: il Malaga seco, il Dulce, il Pálido, l’Oscuro, Añejo, il Demi-sec e il Lágrima, che designa il succo che cola dal mosto (il migliore!).
Il vino di Malaga diventò famoso alle nostre latitudini nel 1492, quando al soglio di S. Pietro fu eletto (il molto discusso) cardinale Rodrigo Borgia con il nome di Alessandro VI. Ettolitri di vino di Malaga, luogo d’origine del pontefice, furono serviti nelle (poco cattoliche) stanze vaticane. Dei vini di Montilla-Moriles e di Jerez, parleremo a parte prossimamente nella rubrica Vino nella storia.
Le vigne delle Isole Canarie, 11’400 ettari vitati, presentarono numerose particolarità. I rendimenti sono ancora minori che sul continente, così come sono atipici i sistemi di coltivazione.
Sulle sette isole, la tradizione vinicola risale solo al XV secolo, dopo la conquista spagnola. I primi vitigni furono portati dai nuovi venuti e sono i vitigni tradizionali spagnoli, ma troviamo tracce anche di vitigni portoghesi. In quel periodo, il gusto britannico impose la coltivazione di vini dolci e pesanti, prodotti con i vitigni Malvasia e Moscatel. Questi vini erano molto ricercati nelle principali corti europee, il «Canary sack» era spedito in tutta Europa via mare. A contribuire alla sua fama fu la celebre opera di William Shakespeare, l’Enrico IV dove Falstaff è soprannominato sir John Canaries, in ragione del forte consumo proveniente dalle suddette isole.
Nel 1980, la grande massa di turisti aumentò la domanda di vino. Per contrastare il massiccio requisito di vino a buon mercato proveniente dal continente spagnolo, nel 1992-1996 sono state create delle D.O., così da potersi inserire anche in un’altra parte di mercato: grazie alla loro particolare eleganza ed espressività, questi ultimi vini sono venduti a prezzi un po’ più alti. Trentatré sono i vitigni protetti nelle isole, dei quali 19 a bacca bianca e 14 a bacca rossa.
In generale i vini bianchi hanno più personalità dei rossi, citiamo ad esempio il Vino del Tea prodotto a nord di La Palma, invecchiato in botti di pino; e sono assolutamente da non perdere i vini di Lanzarote, nota per i suoi caratteristici vigneti ad alberello, coltivati in piccole depressioni del terreno per proteggerli dal calore e dal vento (da provare, unica al mondo la Malvasia Bodega El Grifo). E infine non perdete i vini rosati, che non sono vinelli popolari, ma ottimi compagni con le zuppe di pesce.
Château Doisy-Daëne
Barsac è situata sulla sponda sinistra della Garonna, a nord-ovest di Sauternes, separate dal piccolo torrente Ciron.
L’autunno porta delle nebbie mattutine che vengono disperse da un forte soleggiamento pomeridiano, clima dunque molto favorevole allo sviluppo della Botrytis cinerea, il famoso fungo (muffa nobile), che permette di produrre i grandi vini bianchi liquorosi, rinomati per la loro complessità.
Doisy-Daëne è prodotto con uve Semillon in maggioranza, Sauvignon Blanc e Muscadelle, che maturano su un suolo argillo-calcareo ricco di ghiaia. È un prodotto fine ed elegante che, nel colore, con l’andar del tempo, evoca le tinte dell’ambra.
Al naso è un’esplosione di profumi (vale la pena soffermarsi a goderne), pesca, frutti esotici, miele, albicocche secche, marmellata d’arance e brioches fresche. Il bouquet intenso di questo vino ve lo ritroverete in bocca con un finale fresco e lungo, può invecchiare più di vent’anni.
Classico l’abbinamento con il fegato d’oca e la frutta secca che si porta in tavola il giorno di Natale, la famosa Tarte Tatin e i grandi formaggi erborinati a partire dal Roquefort.
/Davide Comoli